Un giorno un ricco mercante si recò dal Buddha e, offrendogli un vaso d’argento, rivolse a lui queste parole, “Dimmi che cosa devo fare per ottenere la liberazione”.
Il Buddha gli rispose: “Lascialo cadere”.
Allora l’uomo lasciò cadere a terra il vaso.
Tuttavia il Buddha si era fatto silenzioso, dunque il visitatore gli ripeté la domanda e, questa volta, gli offrì un piatto d’oro. “Che cosa devo fare per raggiungere la salvezza?”
“Lascialo cadere” gli rispose l’Illuminato.
Il mercante lasciò cadere a terra il piatto.
Poi, dal momento che non gli veniva data altra indicazione, si decise a ripetere la richiesta una terza volta, porgendo il dono più prezioso che aveva: un diamante.
Il Buddha gli rispose: “Lascialo cadere”.
Il visitatore a questo punto pensò di essere stato preso in giro.
Indignato, si alzò di scatto per andarsene. Fatto qualche passo, si voltò a dare un ultimo sguardo al Buddha.
E questi gli disse: “Lascialo cadere”.
All’improvviso il mercante capì.
Cosa capì il mercante? Non era il vaso d’argento, il piatto d’oro, né tantomeno il diamante che doveva lasciar cadere. Egli aveva infatti pensato, così come è solita pensare la maggior parte degli uomini ricchi, di poter “acquistare” qualcosa di spirituale, ossia la liberazione, la salvezza, con beni materiali e con offerte. Quando il Buddha disse al mercante “lascialo cadere” la prima volta, non era al vaso d’argento che l’Illuminato si stava riferendo, bensì all’insieme delle sue opinioni su ciò che bisogna fare per ottenere la salvezza. Il mercante finalmente intuì che bisogna lasciar cadere la mente stessa, con tutto il suo carico di convinzioni e ambizioni. La stessa risposta viene data da Bodhidharma, monaco indiano del quinto secolo d.C., all’imperatore Wu:
Un giorno l’imperatore Wu, attratto dal Buddhismo, mandò a chiamare Bodhidharma e gli domandò: “Ho fatto costruire templi, ho fatto tradurre le sacre scritture, ho sovvenzionato i monaci: quali meriti ho ottenuto?”
“Nessun merito” gli rispose Bodhidharma.
“Perché mai?” replicò contrariato l’imperatore, che riteneva di aver ormai acquisito un buon posto in cielo o una favorevole rinascita.
“Perché in tutte queste opere non c’è nessun merito religioso”.
“In che cosa consiste, allora, il merito religioso?”
“Nella comprensione della vera natura delle cose”.
L’imperatore non capiva. “Qual è il principio di questa sacra dottrina?” domandò ancora.
“Che non c’è nessun sacro principio”.
Molti di noi credono che anche nel campo spirituale, si tratti di comprare qualche merito, o di fare qualche buon affare. Dobbiamo invece lasciar cadere questa mentalità mercantilistica: il fatto di compiere una “buona azione” in vista di una ricompensa, trasforma questa stessa azione in un’azione opportunistica. Solo liberandoci dai concetti convenzionali di bene e male, giusto e sbagliato, sacro e profano, possiamo davvero raggiungere la liberazione. La verità emergerà solo quando, dopo aver trasceso ogni falsa convinzione e ogni dualità, ci avvicineremo alla realtà con la mente libera da pregiudizi.