Prima di elencare le diverse fontane che erogavano acqua fresca e limpida in tutto il paese, un cenno sulle fontane site fuori dell’abitato.
“La Ruota del Margio, benché appartenente al comune di Spadola, era di proprietà della famiglia Pisani (don Riccardo). Arrivati alla segheria, che faceva parte della proprietà, si attraversava l’Ancinale su una passerella, poi, dopo un centinaio di metri, la fontanella corredata da sedili in granito con relativo tavolo. Tutt’intorno faggi ed arbusti. Più che per una passeggiata, si andava per una scampagnata e là, su quel tavolino di granito, si stendeva la tovaglia …
Partendo dunque da questa prima ed andando verso il paese, si arriva a San Rocco, una specie di avamposto dell’abitato. Il parco antistante la chiesetta, col sedili e pioppi secolari, racchiudeva, in un ambiente semplice ma suggestivo, qualcosa di intimo, di serrese. Poco distante dall’olmo, la Fontana. Era quasi doveroso bere la sua acqua, era un invito, un’offerta che si accettava con la stessa naturalezza con cui era fatta. San Rocco, e per la vicinanza dell’abitato, e per l’invitante parco all’ombra dei pioppi, e per la freschezza della sua acqua, era la méta di giovani e vecchi. Una volta, all’entrata del parco, c’era un cancello: c’è ancora?
A pochi passi da San Rocco c’era lo svincolo che menava allo Schiccio. Sulla Fontana “di lu Schicciu” ci sarebbe da scrivere un intero capitolo. Ad un metro da terra, con un getto d’acqua voluminoso, formava un rigagnolo che raggiungeva, via le terre di Pieppizzitu, il condotto che alimentava l’energia della segheria di Caminiti per poi gettarsi nell’Ancinale. Ai tempi in cui l’acqua in casa era un sogno ed i W.C. non ancora in tutte le case, la Fontana dello Schiccio, riceveva con benevolenza, ma soprattutto con discrezione, lo “zio peppe” di tutte le case circonvicine. La sera era un via-vai di donne che, con quell’arnese in testa, andavano a svuotare i rifiuti umani e lavare il capace vaso.
Delle altre due fontane fuori dell’abitato, Guido e la Scorciatina, abbiamo fatto cenno in un nostro recente articolo tracciando il profilo del dr. Gaetano Manno. Nello scritto avevamo omesso di precisare che presso la Fontana di Guido c’era una cappelletta votiva dove ardeva sempre un lumino. Chi l’alimentava?
La fontana “di lu Cummientu”, bella opera in granito, di fronte la cappella esterna. Per accedere e bere,immancabilmente bagnandosi, bisognava scendere una diecina di gradini: ma ne valeva la pena: l’acqua gelava I denti.
La fontanella di Santa Maria, con l’incisione di quella fatidica data, dà tutta la dimensione della storia di Serra San Bruno
In Paese “La funtana di li ciucci” la ricorderanno ben pochi, io, alla soglia degli ottanta, la ricordo appena. La vedevo quando andavo all’Asilo, meglio, quando suorma Vittoria, Trieste per alcuni, mi accompagnava da suor Mansueta. La fontana dal lungo becco ritorto era situata dove ora si trova la scalinata della Pretura. Attaccata alla fontana, una capacissima vasca in granito serviva da abbeveratoio a quegli animali che fornivano di frutta e verdura il nostro mercato. Esso mercato, detta “canciddhata”, un lungo stecconato in legno, era ubicata dove ora c’è la piazza Carmelo Tucci.
Ad un tiro di schioppo dalla “Funtana di li ciucci’, “la funtana di ‘ndo Giacumu”, il medico Pisani padre di don Riccardo. Era in metallo e si trovava ad egual distanza fra la Chiesa dell’Assunta ed il palazzo Pisani. A proposito, detto palazzo possiede un vero capolavoro: il frontale del balcone in granito grigio ad occhio piccolo (terminologia degli scalpellini) è tutto d’un pezzo: vanto delle maestranze serresi.
Partendo da questa e percorrendo via Roma, si arriva allo slargo “di li Cheli” dove una fontana in metallo erogava un ricco getto d’acqua. Forse era la prima a riceverla dalle “Surgivi” che per anni ed annorum hanno fornito di acqua potabile tutta Serra S. Bruno. Sia detto en passant: “le Surgivi” appartenevano alla famiglia di “li Cheli.
Dalla fontana di “li Cheli” a quella della “Pisciateddha” la distanza era breve, brevissima: bastava continuare su via Roma e girare a destra alla prima traversa. Questa fontana forniva tutto il quartiere San Gerolamo .
Scendendo verso quel che ora si chiama Centro Storico, si arrivava a ”Bonsignuri”: l’unica fontana in granito che abbiamo in paese. Ce ne fu un’altra: nel subito dopoguerra, maestro Gabriele Pileggi la scolpì sul posto: là dove ora sorge l’ufficio postale. Era una Fontana decorativa.” Bonsignuri” che sta per Monsignore (Peronacci) è sita nella piazza omonima, di fronte al palazzo che fu poi dei Pisani (Brunu di Francia).
La “funtana di Busazza” di fronte la casa del defunto giudice Ierace, è ai piedi d’una ipsilon le cui oblique arrivano alle due Croci: mi sarò spiegato?
Nella grande piazza della Chiesa Matrice, sotto quattro acacie, un’altra fontana in metallo: “La funtana di la Chiesa Matri”.
Un’altra, ma per breve tempo, allo Zaccano.
A Spinetto Ne ricordo solo due: quella “di lu Palumbu” e la fontanella “di li Giancuotti” al muro del palazzo omonimo. Turi Catroppa, archivio vivente di Serra, mi dice che ce n’era una dietro la casa di don Davide Timpano ma io non la ricordo. Probabilmente per qualche tempo ce ne fu una a fianco della Chiesa. A prendere cura di tutte queste fontane, un solo uomo: “lu Sapenti”.