Quando fu combattuta, e durante i successivi venti anni, fu chiamata “la Grande Guerra”. Poi ce ne fu un’altra ancora più grande, fu necessario numerarla e così passò alla storia come “Prima Guerra Mondiale”. Per noi Italiani fu la conclusione vittoriosa del ciclo risorgimentale. Nel corso di quel conflitto le industrie nazionali furono chiamate a sostenere lo sforzo bellico. Il coordinamento delle produzioni fu affidato al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni, in seguito convertito in Ministero della Mobilitazione Industriale. Suo compito era individuare le fabbriche utili allo scopo, pianificarne la produzione e affidare loro le commesse in base alle esigenze belliche. Tra le duemila imprese individuate, tre erano della nostra zona: la fabbrica di cellulosa di Santa Maria, l’impianto di distillazione del legno di Dinami e la segheria della Società Calabro Forestale di Prateria. Operavano nel comparto della lavorazione del legno, un settore diventato critico a seguito del blocco delle importazioni. Poche erano le foreste italiane sfruttabili, i nostri boschi furono considerati riserve strategiche e i tre stabilimenti furono dichiarati “Ausiliari”, cioè di sostegno alla produzione bellica. Il personale fu militarizzato e sottoposto alle leggi di guerra. Al pari delle altre fabbriche coinvolte nel programma di mobilitazione anche le nostre tre furono considerate retrovie del fronte. Lo sciopero e l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro erano puniti come diserzioni. C’erano però due aspetti positivi, per nulla trascurabili in tempo di guerra: il personale era esentato dall’obbligo di leva e ogni capofamiglia riceveva gratis la farina necessaria al proprio nucleo familiare. Circa duecento famiglie di Serra usufruirono di tali agevolazioni. Ci fu un solo caso di insubordinazione quando gli operai inscenarono una manifestazione di protesta contro il Comune responsabile di ritardo nella distribuzione della farina. I capi della rivolta furono arrestati, ma ben presto rilasciati grazie all’immediato intervento del Ministero. E ciò è un chiaro indice dell’importanza assunta nell’economia di guerra.
La fabbrica di Serra era una struttura polivalente in grado di produrre beni essenziali allo sforzo bellico, alcuni di tipo tradizionale come carbone, segati, cellulosa e carta, altri di tipo avanzato quali nitrocellulosa e farina da legno. Il carbone fu largamente utilizzato al fronte sia per riscaldamento, sia per andamento delle cucine da campo; i segati vennero impiegati nella costruzione di baraccamenti e fortificazioni delle trincee. I prodotti di punta, nitrocellulosa e farina da legno, erano inviati alle fabbriche di esplosivi: la prima quale principale componente della nitroglicerina e la seconda quale stabilizzante degli esplosivi. La farina veniva adoperata anche nella fabbricazione dei filtri delle maschere antigas, nella confezione dei feltri delle cartucce e, in funzione antifumo, nella miscelazione delle polveri da sparo.
Lo stabilimento di Dinami, succursale della fabbrica di Serra situato alle propaggini di Bosco Regio, era specializzato nella distillazione a secco del legno di faggio. Era in pratica un vero e proprio impianto chimico che fornì all’esercito numerosi prodotti, tra cui: acido pirolegnoso, catrame vegetale per uso farmaceutico, alcool metilico, acetato di calcio, diluenti per vernici, pece e impermeabilizzanti.
Ultima, ma non meno importante, la segheria di Prateria ebbe un ruolo decisivo subito dopo la disfatta di Caporetto riuscendo da sola a fornire 17 milioni di picchetti da trincea e l’85% dei calci di fucile necessari al riarmo dell’esercito. Vale la pena conoscerne per sommi capi la storia. La segheria sorgeva a tre chilometri dall’impianto di distillazione di Dinami, era una struttura produttiva di tipo tradizionale ed era stata fondata dal lombardo Vittorino Pelli e dal napoletano Francesco Pellicano. Nel novembre del 1917 i carabinieri consegnarono a Pelli un telegramma proveniente dalla Fabbrica d’Armi di Terni in cui era scritto: Intensificate la produzione per la salvezza della Patria! Vittorino Pelli, tramite un proclama che iniziava con un Abbiamo il nemico in casa, figli miei, e voi comprenderete quanto sia necessario ributtarlo dal nostro sacro suolo…, riuscì a motivare le sue maestranze. Fu mobilitazione generale, 300 boscaioli, 200 dubat e 100 carrai scatenarono la loro offensiva a colpi di scure. All’amarezza della disfatta di Caporetto faceva riscontro uno degli inverni più rigidi. Nevicava in continuazione, ma anche i ceppi sepolti sotto la neve vennero attaccati con rabbia. Fu quello un grande contributo allo sforzo bellico e Vittorino Pelli fu insignito dell’Ordine di Cavaliere d’Italia.