Il rito dei “vattienti” è un rito calabrese che si svolge nella settimana Santa di Pasqua, tra Venerdì Santo e Sabato Santo, a Nocera Terinese in provincia di Catanzaro, nel quale durante la processione alcuni tra i fedeli si autoflagellano battendosi le gambe con pezzi di vetro fino a farle sanguinare in segno di penitenza e espiazione dei peccati. Il rito, che risale al Medioevo, fu da prima praticato dai monaci all’interno dei conventi e successivamente si diffuse anche all’esterno coinvolgendo il popolo che iniziò a praticarlo come una vera e propria funzione religiosa, non per autopunirsi ma per partecipare simbolicamente al sacrificio e alla sofferenza di Cristo, castigando la carne con il ‘cardo’ e con “la rosa”, due “strumenti presenti durante questa particolare cerimonia. Il primo è un disco di sughero sul quale sono infissi tredici pezzetti di vetro acuminati chiamati “lanze”, tenuti saldi alla base da una mistura fatta con cere vergini. I tredici pezzetti di vetro rappresentano Cristo con i tredici apostoli compreso anche Giuda che sarà rappresentato come traditore dal pezzo più sporgente rispetto agli altri dodici e di conseguenza il più doloroso che trafigerà la carne del “vattiente”. Il secondo strumento utilizzato è chiamato “la Rosa” e consiste in un disco di sughero di circa dieci centimetri per tre lavorato su una faccia, che serve a ripulire il sangue che fuori esce dopo la flagellazione. Poco prima della processione della statua della Madonna Addolorata, i flagellanti si disinfettano le gambe con un infuso fatto con aceto e rosmarino, poi iniziano a vestirsi indossando un paio di pantaloncini per lasciare libere le gambe, una maglietta nera, mentre la testa viene coperta da un panno nero e da un ramo di “sparaconga” (un asparago selvatico) rigirato sul capo per formare una corona. Ciascun “vattiente” è legato con una cordicella all’Ecce-Homo (un compagno) che sta alle spalle del flagellante, e che a sua volta veste con un semplice panno rosso che parte dalla vita e scende fino alle caviglie, anch’esso indossa una corona fatta da ramoscelli con spine lunghe e aguzze, chiamata “spina santa” e impugna una croce rivestita di nastro rosso per simboleggiare il sangue di Cristo che scorre dalle ferite. Iniziata la processione il flagellante inizia a battersi le gambe con il “cardo” e successivamente usa “la rosa” per asciugarlo. Una volta che “la rosa” è imbevuta di sangue, viene portata sul petto dell’Ecce-Homo. Poi insieme insanguinati percorrono le vie del paese fermandosi davanti ad alcune abitazioni e ricevendo del vino che viene versato sulle ferite e utilizzato come disinfettante. Infine per completare il rito i due uomini si avviano verso la statua della Madonna Addolorata, dove una volta fatto il segno della croce il “vattiente” si inginocchia, si flagella e scioglie o rinnova il voto fatto.
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19 Maggio 2024