Di fronte a Padre Pio, a Monte Rotondo, non mi commossi. E restai in piedi, unico e solo, mentre egli tornava nella cella tra due ali di uomini genuflessi. Poco prima che mi passasse accanto, aveva tirato con uno strattone il cordone di frate dalle mani di un devoto che glielo baciava e a quel poveraccio, con voce furente, aveva gridato: “ Vattene, diavolo! Vattene!» « Se davvero legge dentro ad un uomo – pensai – mi riserverà lo stesso trattamento». Non mi scacciò. Mi ignorò. Non ero, quindi, quel diavolo che mi reputavo di essere.
Mi sono commosso, invece, alla presenza di Natuzza Evolo, a Paravati. La sua semplicità, quel suo parlare piano, quel suo perdonare al fotografo (mio fratello Franco) che aveva fatto lampeggiare il flash per una foto che lei non aveva autorizzato, hanno piegato la mia sfrontatezza. Non le ho, infatti, rivolto molte domande; e mi sono chinato, direi con venerazione, sui segni che, come ogni anno nel periodo quaresimale, le appaiono sui polsi. Non sono riuscito a decifrare che il disegno sul polso sinistro: c’è, alla base, una semicorona di grani (assai simili ai semi di una melagrana matura) dalla quale si innalza una croce romana, che durante la settimana di Passione, ogni anno, diventa turgida di sangue.
Tutto il corpo di Natuzza Evolo, dal giorno delle Ceneri in poi, si segna di simboli propri dell’iconografia cristiana (calici, ostie con la scritta “ JHS”, angeli, madonnine, cuori trafitti e sanguinanti, stelle, corone di spine), mentre sotto il seno destro si apre lo squarcio nel costato che in Cristo sul Calvario produsse la lancia di Lanuino.
La donna ha il volto tumido, leggermente pallido. Si vede che soffre, anche se lei lo nasconde. Così come nasconde la stanchezza fisica, che le deriva dal conversare con la gente, che ogni giorno, ormai da più di quarant’anni la va a visitare; dal parlare coi morti o farsi tramite perché i defunti possano colloquiare coi vivi (vero od apparente che sia); dallo spostarsi, farsi vedere là dove fisicamente non è. anche a migliaia di chilometri di distanza; e dalla lotta con lo spirito del male, che la tormenta continuamente, l’atterrisce; e dal sopportare lunghissimi digiuni, durante i quali non le è consentito ingoiare sia pure una goccia d’acqua; e dalle essudazioni sanguigne …
Da qualunque punto di vista lo si guardi – scientifico, religioso, scettico o di semplice curiosità – il fenomeno di Natuzza Evolo rivela il dramma di una donna indifesa, dal cui corpo si sprigionano forze che non si possono controllare e che le hanno fatto trascorrere una vita agitata, senza requie, senza riposo. Il dramma di una donna vittima di qualcosa che la scienza non ha individuato e per il quale, quindi, ha potuto soltanto azzardare ipotesi, formulare supposizioni, ma nulla di chiaro, di convincente, che si possa dire conclusivo. Sul piano, intendo, del reale, del normale, della ratio, del concreto.
Diverso è il discorso sul piano extrasensoriale, sul quale si sono spostati alcuni degli scienziati che hanno sottoposto la Evolo a lunghi studi, ad estenuanti esami. Trasferito in questa dimensione, il fenomeno di Natuzza Evolo conduce ad una sola spiegazione: l’esistenza di un mondo ultraterreno, popolato di spiriti buoni e cattivi, di dannati e di beati. Natuzza, pertanto, rappresenterebbe un mezzo (niente santità, dunque) utile ad esso mondo per comunicare e farsi conoscere dai viventi.
Di fronte a fenomeni paranormali manifestati dalla donna di Paravatì, penso che persino il più incallito degli scettici (ed io mi considero tra questi) è indotto a meditare e a rivedere le proprie concezioni. Se, infatti, scientificamente possono sufficientemente spiegarsi le visioni, la telepatia, la bilocazione, le stigmate, le essudazioni sanguigne, i discorsi profondi e in lingue ignorate totalmente dal soggetto che le parla, la telecinesi (nel corso dell’umanità tali tipi di fenomeno sono stati piuttosto frequenti in ogni paese e si sono spiegati senza dover far ricorso all’imponderabile), altre manifestazioni di Natuzza Evolo sfuggono ad ogni tentativo di spiegazione razionale.
Per esempio, le emografie, i disegni col sangue.
Vi sono dei momenti in cui Natuzza Evolo suda sangue. Se con un fazzoletto si asciuga questa essudazione sanguigna, sul panno il sangue si dispone in piccoli disegni, d’una semplicità e nello stesso tempo di una pienezza sorprendenti: corone di spine, ostensori radianti, figurine aureolate che molto ricordano la Madonna nell’iconografia popolare, calici con l’ostia, santi in processione oppure chiusi in una corona di stelle ecc. E, spesso, frammiste alle figure, frasi religiose in latino, in inglese, in francese, in greco: “Venite ad me omnes», oppure «Blessed are they that mourn for they shall be conforted» (Beati coloro che soffrono poiché saranno confortati) ed anche: “o Sainte Bernardette, qui simple et pure enfant, avez dix-huit fois, à Lourdes contemplè la beauté et reculés confidences de l’Immaculèè» ecc.
Ho avuto tra le mani uno di questi fazzoletti, mostratomi dall’avv. Marcello Colloca. E debbo dire che sono di una sintesi ed insieme di una completezza da far pensare alla mano di un artista assai esperta e matura.
Possiamo ammettere che questi disegni possano nascere dall’inconscia volontà della Evolo. Ma ci sono episodi che non reggono a questa spiegazione. Eccone uno: nella settimana santa del 1972, a Verona, la signora Anna Cosentino, era andata da poco a dormire, allorché vide Natuzza Evolo seduta ai piedi del letto. Presa da paura, nascose la testa sotto il lenzuolo. Quando, il giorno dopo, si svegliò, notò che sul lenzuolo erano disegnati col sangue una lancia, una cordicella, alcuni chiodi e una lancia che trafiggeva un cuore. Insomma i simboli della passione di Cristo.
Ora, pur ammettendo che il pensiero della Evolo e della Cosentino si siano incontrati e che sia l’una che l’altra possano essersi convinte di una reale presenza e vicinanza; come spiegare il fatto che il sangue della Evolo abbia potuto superare la non breve distanza tra Paravati e Verona e disporsi nei disegni descritti sul lenzuolo? Il sangue è, al contrario del pensiero, vera e propria materia e non viaggia se non trasportato. Chi, dunque, trasportò il sangue della Evolo a Verona e con esso disegnò i mistici segni?
“Scartata un’interpretazione d’ordine, per così dire, scientifico – secondo il giudizio del prof. Nicola Pende su Il Giornale d’Italia del 7 febbraio 1948 – non restano che due possibilità da spiegare il caso di Natuzza Evolo: una base metapsichica ed un’altra spiritico – medianica. Con criteri metapsichici sono stati spiegati i casi di contadine illetterate parlanti occasionalmente sanscrito, latino ed altre lingue comunque ignote ad esse. lo sono indotto tuttavia a propendere qui per una spiegazione spiritico – medianica. Intendendo con questo termine l’intervento di forze intelligenti che guidino la goccia nel disegno. Non vi è oggi altra spiegazione possibile».
Dello stesso parere si dichiarò il prof. Gosio, dell’università di Roma; e il prof. Giovanni Schepis, segretario della Società Italiana di Metapsichica, definì la Evolo «una medium di forza eccezionale».
Natuzza è nata il 23 agosto 1924, quindici giorni dopo che il padre era partito per l’America, spinto non solo dalla necessità di trovare lavoro, ma anche e soprattutto dalla condotta della moglie (più tardi la figlia andrà a trovarlo in spirito e descriverà minutamente, ad amici e parenti, la casa in cui egli abita). Fu appunto per il comportamento assai discutibile della madre, che a otto anni, tre giorni dopo aver visto S. Francesco, la Evolo fu accettata come persona di servizio nella casa dell’avv. Silvio Colloca. E da quel momento cominciò il suo lungo calvario: le prime visioni di morti, le prime essudazioni non grafiche, i primi fenomeni di telecinesi (oggetti che si muovevano da soli, bicchieri che volavano nella stanza e si infrangevano al suolo), lunghi periodi di letargo, sangue che non usciva da alcuna ferita …
La mattina del 29 giugno 1939, dopo aver preso la comunione, sentì dei brividi lungo la schiena, «come – disse – se un verme mi camminasse sulle spalle». A casa, la signora Alba Colloca e una sarta, Concetta Mammone, l’aiutarono a spogliarsi per trovare una spiegazione; e con loro somma meraviglia videro che una gran croce sanguigna si era disegnata sulla camicia della piccola. Da allora, come ho già detto, le sudorazioni ematiche che si trasformano in mistici disegni si sono ripetute non si sa più quante volte.
Per via di questi fenomeni, con la gente, i giornalisti, i curiosi che ad ogni ora del giorno, si affollavano sulla porta di casa Colloca nella speranza di assistere a qualche miracolo» ed anche di poter avere un fazzoletto disegnato; fu necessario che Natuzza venisse allontanata. Andò abitare col nonno, accanto alla madre, nuovamente, e ai fratellini ai quali cominciò a badare. Il 14 Agosto 1943 sposò per procura un falegname, Pasquale Nicolace al quale si unì poi, definitivamente, il 12 gennaio dell’anno dopo. C’è ancora, a Paravati, chi ricorda il meraviglioso coro che durante la terza notte dal matrimonio, dalla casa della giovane sposa si spandé sull’abitato.
La casa di Natuzza è una delle prime, a destra venendo da Mileto. È una casa semplice, metà della quale ora è una cappella con una statua della Madonna, tante sedie ordinatamente disposte e il pavimento in marmo lucidato. L’ha fatta costruire a proprie spese un catanzarese. Qui la gente viene, ogni giorno a pregare, a parlare con Natuzza, a sostare in preghiera, a portare uno dei tanti ex voto in oro e in argento. Ma non si celebra messa. Non l’ha voluto il vescovo. La Chiesa non si pronuncia. Però se ne serve come una centrale di comodo. Accanto ad una teca con un simulacro del Gesù Bambino, un prete ha lasciato un migliaio di copie di un manifestino contro l’aborto.
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